Alcuni aspetti del campionato di C1 maschile appena concluso, e in particolare alcune scelte che ne hanno condizionato gli esiti, meritano secondo me un approfondimento che nei commenti alle ultime giornate apparsi su queste pagine, necessariamente stringati, è stato soltanto abbozzato. Poiché l’epoca della mia collaborazione giornalistica con la Fitet di Trento fu segnata, tra le altre cose, dal ripetuto invito a dialogare e ad inviare contributi di qualunque genere rivolto a tutti i lettori, spero che ora questo medesimo diritto possa essere riconosciuto a me. E non solo è curioso, ma rappresenta anche il segnale che i problemi che vive il tennistavolo sono immutati e irrisolti, il fatto che l’unico intervento degno di nota durante i sette anni della mia attività di addetto stampa, una lettera di protesta da parte dell’Us San Rocco, e queste mie riflessioni, trattino dello stesso tema: l’interferenza di squadre terze (cioè fuori dai giochi) nel destino di chi invece lotta per la promozione o per la salvezza. I fatti dovrebbero essere noti, almeno a grandi linee, ma non sarà inutile riepilogarli. Sia la corsa per il primo posto, e quindi per la conquista della B2, che la battaglia per non retrocedere sono state pesantemente influenzate, quando non addirittura decise, dal comportamento di una squadra che non c’entrava niente né in un ambito né nell’altro, e più precisamente dal suo uomo di maggior valore. Questa squadra è il Lana, e questo uomo è Ronny Lange. Nessuno può contestare il fatto che il Lana con Lange (un tipo che non tanti anni orsono faceva abbondantemente più del 50% in B1, cioè due categorie sopra) e il Lana senza Lange siano due entità sportive nemmeno imparentate, e dal club che deve maneggiare una situazione così particolare, benché non rarissima, ci si aspetta una puntuale attenzione nei confronti degli equilibri dell’intero campionato. So benissimo anch’io che non sta scritto da nessuna parte che il fenomeno di turno debba giocare sempre e comunque, ma dal momento che schierarlo o meno fa tutta la differenza del mondo sarebbe opportuno, e sportivamente sensato, gestirne l’impiego con un certo scrupolo, e insomma sforzandosi di valutare gli effetti che ogni singola decisione può avere nei confronti di altre formazioni e delle loro aspettative. Nel caso del Lana 2013/14, niente di tutto questo è avvenuto. Con riferimento al discorso promozione, Lange non ha giocato contro il Besenello né all’andata a Calliano, né al ritorno in casa; all’opposto, contro il Lavis è sceso in campo in entrambe le occasioni. Risultato: il Besenello ha vinto 5-0 e 5-1, viceversa il Lavis ha affrontato due battaglie ma, quel che più conta, una l’ha persa. Con riferimento al discorso salvezza, Lange è andato a Rovereto per affrontare il San Giuseppe (risultato: 3 punti suoi e 5-3 per il Lana) ma si è poi astenuto dalla trasferta di Verona col Buttapietra (risultato: 2 punti di Mueller ma 5-2 per il Buttapietra). Se considerate la classifica quando mancava una giornata alla fine, il differente trattamento ricevuto dal Lana era esattamente ciò che favoriva il Besenello sul Lavis e il Buttapietra sul San Giuseppe. Nessuno intende qui sminuire i meriti di chi stava o vincendo il campionato o salvando la categoria, ma è indiscutibile e decisivo il ruolo rivestito da una squadra che non sgomitava per nessuno dei due traguardi, e che come tale avrebbe dovuto viceversa mantenere un profilo di neutralità. L’ultimo turno, come saprete, ha poi da un lato ampliato il divario (Besenello a +4 sul Lavis), dall’altro ribaltato l’esito (San Giuseppe e Buttapietra a pari punti, roveretani salvi per la miglior differenza set nei due confronti diretti). Ma questo, lungi dal riequilibrare torti e ragioni, ha aggiunto veleno a tutta la minestra, perché la rinuncia da parte del Lavis di schierare Chiecchi contro il San Giuseppe avrà pure avuto le sue plausibili giustificazioni (Moiseev in trasferta con le ragazze, un buco in B1 da coprire in qualche modo, e così via a pioggia nelle serie inferiori a partire proprio dalla C1), ma da un osservatore esterno è stata inevitabilmente interpretata come un “regalo” ad un club della stessa provincia. Non parliamo poi di come si sentiranno a Buttapietra. Perché possiamo star qui un mese a spergiurare che non c’è stato nessun accordo preventivo (e, per quel che può contare la parola di uno che come me era comunque coinvolto, davvero non c’è stato nessun accordo), ma ai due Filippi e a Busato nessuno toglierà mai dalla testa l’idea di esser rimasti intrappolati in un gigantesco biscottone. Alzi la mano chi, al loro posto, la penserebbe in maniera diversa dopo aver saputo che in sostituzione di Chiecchi, n.209 d’Italia, convocato per un match inutile di B1, è stato fatto esordire Mattia Michelon, quattordici anni e n.2829. Tornando al Lana, c’è anche da citare un episodio del tutto personale, ma non per questo meno significativo. Nella settimana precedente al loro match di Buttapietra, e conoscendo la volubilità di Lange in tema di trasferte, pensai di contattare il capitano dei meranesi, Nock, chiedendogli di anticiparmi se possibile le loro intenzioni. Ronny sarebbe andato giù, oppure no? Noi del San Giuseppe eravamo interessatissimi, com’è ovvio, e auspicavamo un impegno a ranghi completi (non per favori nei nostri confronti, lo ribadisco, ma per una parità di trattamento). Scrissi a Nock, con il quale non c’è mai stato il benché minimo screzio, due righe di posta elettronica, poi gli mandai un sms. Risultato: sto ancora adesso aspettando una risposta. Poiché una delle critiche che mi sono state mosse nel corso della mia attività di addetto stampa in Fitet è stata quella di voler sovente azzardare interpretazioni non corroborate da dati certi, in questo caso lascerò che ciascuno si faccia la propria idea. Infine, non voglio nemmeno prendere in considerazione l’ipotesi, pure ventilata da qualche addetto ai lavori, secondo la quale Lange avrebbe giocato nel girone di ritorno solo le trasferte che lo stuzzicavano dal punto di vista dell’orgoglio, allo scopo cioè di vendicarsi delle uniche sconfitte subite appunto da me (e quindi col San Giuseppe) e da Chiecchi (e quindi col Lavis). Sarebbe un modo orrendamente individualistico di interpretare un campionato a squadre, e sinceramente rifiuto di credere che Ronny sia sceso tanto in basso. Fin qui, quanto è accaduto. Una specie di disinvolta indifferenza ha creato le condizioni per cui si può dire che i meriti propri e/o i demeriti dei diretti avversari non sono stati gli unici elementi che hanno deciso la promozione e la salvezza. Mi si potrà obiettare che vicende simili sono sempre avvenute; che riguardano o possono riguardare non solo il tennistavolo, ma più o meno tutti gli sport di squadra; e infine che sarà così anche in futuro, e bisognerà farsene una ragione. Permettetemi di accettare la prima affermazione, di considerare discutibile la seconda, ma soprattutto di essere in profondo disaccordo con la terza. Cos’hanno di più o di meglio il basket e il volley, solo per fare i primi due esempi che vengono in mente? Perché loro fanno ricorso alla formula dei playoff ormai da anni, e con successo indiscutibile, e noi non possiamo fare altrettanto? Nel recente passato, e per un paio di stagioni, la Fitet di Trento aveva provato ad introdurre la cosiddetta postseason nei campionati di sua pertinenza, dalla C2 in giù. La formula avrà anche avuto i suoi difetti, come tutte le cose non abbastanza sperimentate, ma l’idea era eccellente, probabilmente la migliore espressa dal nostro Comitato da parecchio tempo a questa parte. Ed eliminava alla radice qualunque rischio di interferenza, o di accordo, riducendo ogni contesa al più semplice e giusto testa-a-testa. Perché non riproporla, e tentare magari di estenderla anche a livello nazionale? Se io fossi Piras, acchiapperei al volo l’occasione creata da quest’ultimo pasticcio. Cercherei alleati negli altri Comitati regionali, e porterei a Roma una proposta precisa di rinnovamento globale: campionati con meno squadre, o con più gironi, e playoff conclusivi sia in chiave promozione che in chiave salvezza, a tutti i livelli. E, già che sono per strada, proverei ad infilare un secondo suggerimento, relativo alla modifica della formula degli incontri a squadre in maniera da prevedere la disputa di almeno un doppio. Quando si renderanno conto, i nostri dirigenti, che il doppio è non solo divertente e spettacolare, ma può aiutare a precisare i rapporti di forza tra due squadre in maniera più completa di quanto possono fare i soli singolari? E d’altronde, se c’è gente che sta riuscendo a cambiare il Senato della Repubblica, cosa volete che sia dare una bella ripulita alla cara, vecchia e un po’ rinsecchita swaytling?