Cogliendo l’invito ad utilizzare questa pagina come sede di dialogo e di confronto di opinioni, vorrei personalmente e a nome dell’Unione Sportiva San Rocco rispondere al commento qui recentemente pubblicato da Andrea Galler. L’articolo sostiene in modo pressoché incondizionato l’inadeguatezza dell’attuale formula di gioco dei vari campionati, ovvero della formula swaytling ( al meglio delle nove partite ), e afferma l’apparente funzione purificatrice che l’introduzione dei play off/out al termine della “regular season” potrebbe comportare nei confronti di ogni eventuale << interferenza o accordo >>. Non vengono tuttavia nominati dei difetti che a mio parere possono falsare in modo assai più grave e evidente i risultati di un campionato che adotti la cosiddetta miniswaytling ( con sei partite da disputare ) e i play off e out, rispetto ad uno che adotti la swaytling e la cui classifica finale sia giudice delle squadre promosse e retrocesse. Per quanto riguarda lo svolgimento di un incontro a sei partite, in cui ognuno dei tre giocatori che compongono una squadra affronta in modo casuale due dei tre avversari, è evidente che il risultato finale possa essere nettamente influenzato da fattori trascendenti e completamente fortuiti, derivanti dalla combinazione iniziale con cui i vari giocatori delle due squadre andranno ad affrontarsi. La sorte è però messa in disparte se si pensa ad un incontro al meglio delle nove partite, dove potenzialmente tutti e tre i giocatori di una formazione possono gareggiare con i tre avversari. Il risultato di tale incontro sarà pertanto e indiscutibilmente un riflesso degli effettivi valori in campo. Si può azzardare ad affermare che, con la formula a sei partite,sicuramente gli incontri potrebbero essere più imprevedibili e aperti a delle sorprese, cosa più difficile in una gara al meglio delle nove. Tutto il discorso è allora riconducibile ad una domanda: è giusto progettare la struttura di un campionato in modo da favorire dei risultati a sorpresa ( senza dimenticare che la sorpresa deriva dal caso ), e di conseguenza le squadre più sfavorite, o è più corretto e logico che la squadra più forte ( anche fosse la sua forza in un solo uomo, è una colpa? ) vinca dimostrando il valore effettivo in campo, seppur magari togliendo un po’ di pathos alla competizione? Discorso a parte meritano i play off/out, dal successo tutt’altro che indiscutibile. Certamente uno spettacolo, un gran finale, ma, ancora, è il modo giusto con cui valutare l’impegno di un’intera stagione? In questo caso sarà utile fare un esempio diretto, vissuto dalla nostra prima squadra ( U.S. San Rocco ) nel campionato provinciale di serie D1 della stagione 2012/2013. Primo posto conquistato con margine nel girone “B” alla fine della stagione regolare, con una lotta al terzo posto, ultimo utile ai play off, tra Olimpia Arco e Villazzano. Sapendo che la squadra di Arco avrebbe con grande probabilità schierato ai play off Mosna, Campetti e Yang, cosa quasi mai avvenuta nel corso del campionato, dove furono usate più riserve, capiamo che quella sarebbe stata la formazione da evitare. Col primo posto, si accedeva direttamente alle semifinali, le seconde e le terze ( i gironi erano a sei squadre ) avrebbero giocato un turno preliminare. A questo punto la situazione era semplice: vincendo il girone, con l’Arco qualificato, lo avremmo quasi senza dubbio incontrato in semifinale, col rischio concreto di uscirne sconfitti. Si aprivano dunque due possibilità: perdere volutamente lo scontro con il Villazzano ( Facchini, Moresco P, Moresco L, Valcanover ), facendo in modo che loro fosse il terzo posto, e relegando l’Arco ai play out, oppure perdere un altro incontro ( non con l’Arco ), cedendo il primo posto al Lavis e regalandoci un felice play off e la promozione pressoché certa in serie C2 ( giocando con una seconda squadra del Lavis il turno preliminare e trovando in semifinale il Cles, poi battuto nettamente in un’inutile finalina 3° /4° posto ). Sportivamente, rifiutammo ogni calcolo, vincemmo il campionato e uscimmo con un 4-2 dell’Arco in semifinale, restando in D1. Senza dovere dilungarsi ora in ulteriori spiegazioni, è innegabile la presenza di un ingranaggio male oleato in un meccanismo dove una squadra è portata più volte a pensare di perdere volutamente per fare il proprio interesse, un paradosso completamente assurdo. Non fosse sufficiente questo, si può anche discutere sull’opportunità che un play off concede di giocare un campionato utilizzando più riserve per poi schierare nella partita decisiva una formazione al completo, per non considerare il fatto che in una partita “secca” possono influire in maniera decisiva gli stati di forma dei giocatori in quell’istante e potrebbero essere di eccessivo peso delle assenze importanti, tutti fattori che possono capitare in una singola giornata, facendo possibilmente sfumare la costanza di rendimento e i risultati ottenuti da una squadra durante l’intera annata sportiva. Infine, si è proprio sicuri che inserendo i play off, i capi d’accusa quantomeno latitanti nei confronti del campionato regolare, imperniati su un complottismo, sull’individualismo e sul clientelismo di alcune squadre verso altre possano essere evitati? D’altro canto, se sicuramente può non definirsi un gesto sportivo, non si può condannare una squadra, anche se fuori dai giochi, per una presunta mancanza di riguardo e diversità di trattamento verso le squadre coinvolte nella lotta promozione e salvezza. Spero che questa riflessione , lontana dal pretendere di voler essere la chiave di un sistema perfetto o un deus ex machina, possa fungere da antitesi ad una tesi giustamente avanzata da una persona nonché giocatore competente nel settore come Andrea Galler, e possa riuscire a indirizzare le decisioni future verso la migliore e più costruttiva sintesi possibile di entrambe le opinioni, che avranno sempre in comune la volontà di ottenere il meglio dal nostro sport.