Abbiamo scambiato due chiacchiere sul tennistavolo, sulle motivazioni che spingono a praticarlo, sulle difficoltà, sui cambiamenti che ha attraversato, con quattro tesserati trentini di altrettante società e che hanno accettato di donarci un po’ di tempo per esprimere il loro pensiero. Si tratta di due minorenni, Sara e Domenico, che quindi hanno una percezione più limitata nel tempo ma allo stesso tempo molto “fresca”, e due adulti, Mara e Mario, che invece possono giovarsi di una lettura di maggiore respiro temporale. Punti di vista diversi, talora opposti, comunque uniti da una grande passione per questo sport.
Come hai scoperto il tennistavolo come sport? Avevi provato altre discipline prima?
MARA: Ho scoperto il tennistavolo grazie a mio zio, che si era appassionato a questo sport coinvolgendo un po’ tutta la famiglia. Io provengo dal mondo dell’atletica leggera che ho praticato per anni, dal mezzofondo al salto triplo e alla fine al salto in alto, per poi ritornare di nuovo negli ultimi anni al mezzofondo.
MARIO: Ho cominciato da bambino, nei primi anni Sessanta, a giocare all’Oratorio Rosmini di Rovereto e proprio lì, da un gruppo di giocatori con discrete qualità, è nata verso il 1962-1963 la società G.S. Rosmini che è stata tra le prime se non la prima del Trentino. Non c’era un allenatore, giocavamo tra noi, ci davamo consigli come eravamo capaci. Ricordo che partecipavamo ai tornei organizzati fuori provincia dall’allora GITET, che faceva parte della Federazione Tennis. Nei primi anni Settanta un giocatore genovese ha portate le prime gomme puntinate dalla Cina. È stata una scoperta, mi sono subito trovato bene e ho avuto maggiori soddisfazioni.
SARA: Ho scoperto il tennistavolo grazie a mio nonno che ha cominciato a giocare da giovanissimo negli oratori del suo paese e mi ha trasmesso la passione facendomi provare questo sport su un vecchio tavolo di compensato. A 8 anni ho iniziato gli allenamenti mentre praticavo anche ginnastica artistica. Negli anni successivi ho proseguito gli allenamenti praticando anche atletica e successivamente pallavolo. Con la seconda media ho deciso di concentrarmi sul tennistavolo perché era lo sport che più mi appassionava e quello che mi permetteva di conoscere e frequentare allenatori e giocatori con cui mi trovavo molto bene.
DOMENICO: I primi tre anni di elementari giocavo a basket con l’Aquila. Mi divertivo, ma una volta portato a termine il terzo anno ho voluto provare qualcosa di nuovo: non nascondo che avevo dato netta priorità al calcio, ma la squadra a cui mi ero rivolto non aveva più posti disponibili per la mia annata. Su consiglio dei miei genitori sono andato allora a provare pallavolo e tennistavolo e poi ho optato per la seconda disciplina.
Cosa è cambiato nel mondo del tennistavolo – in generale e in Trentino - da quando hai iniziato ad oggi?
MARA: Direi che quando ho iniziato a giocare molte cose erano diverse, dal punteggio dei set, alla pallina più piccola, al fatto che nei primi tornei “amatoriali” a cui ho partecipato si giocava tutti assieme, maschi e femmine. Le donne anche allora non erano molte. Le trasferte erano anche piuttosto impegnative (spesso fuori provincia). Sicuramente il livello tecnico del tennis tavolo oggi si è alzato. Molte società hanno allenatori che aiutano e impostano ragazzi e ragazze in modo corretto, mentre negli anni passati spesso le società crescevano “autonomamente” grazie alla passione di gente che non era esperta del settore.
MARIO: Le due maggiori rivoluzioni, cioè il punteggio all’11 e le palline di plastica, non hanno portato miglioramenti. Di fatto erano state portate per aumentare la visibilità del nostro sport e ridurre il divario con i cinesi, ma hanno fallito in entrambi gli obiettivi. Il set all’11 è troppo breve e non consente di elaborare una tattica; le palline di plastica favoriscono solo il gioco potente e hanno fatto sparire i difensori. A livello locale, il Trentino a mio parere avrebbe avuto da guadagnare se fosse rimasto in un unico comitato con l’Alto Adige, che è molto più strutturato di noi e si vede dai risultati.
SARA: Praticando questo sport da pochi anni non ho notato grossi cambiamenti.
DOMENICO: Avendo vissuto parte della mia esperienza pongistica da bambino, non sono in grado di fare un confronto adeguato tra la situazione di allora e quella attuale. Tra una decina d’anni saprò dare una risposta più precisa.
Cosa dicono i tuoi amici e conoscenti fuori dal mondo del tennistavolo quando dici “gioco a ping pong”? Nel tempo è cambiata la percezione, nel bene o nel male?
MARA: La percezione del ping pong purtroppo con gli anni non è cambiata, è sempre visto dall’esterno come un gioco, un passatempo, più che uno sport vero e proprio; invece chi lo pratica a livello agonistico ben sa che è molto tecnico e complesso.
MARIO: Da noi, se si dice ping pong il pensiero una volta ma anche adesso va subito al gioco da oratorio. Conosco moltissimi che giocano a ping pong, pochi che giocano a tennistavolo. Il nostro sport è penalizzato perché non è pubblicizzato e non si vede in TV.
SARA: Molte persone quando dico che pratico il tennistavolo lo associano ai tornei che vengono organizzati al mare o negli oratori e quindi mi rendo conto che viene percepito come un gioco anziché come un vero e proprio sport. Proprio per questo, però, molti sono incuriositi e affascinati e mi fanno delle domande sulle caratteristiche e sulle difficoltà del tennistavolo “vero”.
DOMENICO: Quando dico che gioco a tennistavolo a livello agonistico mi preoccupo di spiegare che si tratta effettivamente di uno sport e di quanta fatica si faccia, al contrario di quanto molti pensino. Forse solo inizialmente ricevevo qualche commento di scherno, ma ora tutti i miei amici e conoscenti trattano il tennistavolo con ammirazione e rispetto.
Che aspetti hai trovato nel tennistavolo che te lo hanno fatto scegliere come sport da praticare con più dedizione?
MARA: La scelta del tennis tavolo come sport è stata fatta per il divertimento e per lo stimolo che mi ha sempre dato; c’è sempre qualcosa da provare, da allenare, da modificare per cercare di fare meglio, imparando dal confronto con altre persone e anche dal bel gruppo di atleti e di gente che ho incrociato sulla mia strada.
MARIO: Mi è sempre piaciuto perché è uno sport individuale, forma il carattere, non ti dà alibi perché sei tu che perdi e tu che vinci, non puoi dare colpe ad altri. Sono concetti che cerco di trasmettere anche ai ragazzini che alleno.
SARA: Amo questo sport perchè oltre ad avermi dato grandi soddisfazioni mi ha aiutato a maturare anche dal punto di vista emotivo e psicologico. Mi ha insegnato a controllare le mie emozioni, accettare le sconfitte e da queste lavorare duramente per migliorare e raggiungere i miei obiettivi.
DOMENICO: Sono un amante di competizione e classifiche e lo sport individuale offre una grande possibilità di concentrarsi sui propri risultati: nel tennistavolo ho trovato nelle classifiche regionali e nazionali uno stimolo in più per continuare a cercare di migliorarmi e di vincere con avversari con punteggi più alti del mio. Mi piace molto pormi obiettivi come il miglioramento della percentuale di vittorie, sia inerente l’intera stagione sia il singolo campionato. Sono proprio questi obiettivi che mi hanno spinto ad applicarmi con ancora più impegno nel tennistavolo.
Hai sospeso per qualche motivo? Se sì, perché poi hai ripreso?
MARA: Ho smesso di praticare questo sport per molti anni, non avrei nemmeno pensato di riprenderlo visto che nel mio paese la squadra non esiste più. Lo ho abbandonato purtroppo per problemi fisici e di lavoro. Poi per caso ho ritrovato un mio vecchio compagno di doppio e di trasferte che mi ha ritrasmesso la passione e convinto a riprendere pian piano la racchetta in mano. Con tanta pazienza (non solo mia) e tenacia sto cercando di migliorare.
MARIO: Gioco da sessant’anni, ho smesso solo due volte per periodi brevi quando ho avuto un infortunio e quando mi sono sposato.
SARA: Ci sono stati dei momenti in cui ho pensato di smettere soprattutto dopo alcune importanti sconfitte ma la mia famiglia e i miei allenatori mi sono stati vicino e mi hanno fatto riflettere sulle motivazioni per cui ho preferito questo sport rispetto agli altri facendomi ritornare la voglia di allenarmi per migliorare.
DOMENICO: No, non ho mai sospeso la mia attività, penso soprattutto per il bisogno di competizione e, più semplicemente, di praticare uno sport che mi diverta.
Quando hai iniziato, ti sei posto/a degli obiettivi? Li hai raggiunti? Oppure devi ancora raggiungerli?
MARA: Riprendere dopo vent’anni per me non è stato per niente semplice: il gioco è cambiato, mi sono dovuta rimboccare le maniche e impostare non solo da zero tutti i colpi ma cercare di eliminare anche i difetti che mi portavo dalla vecchia scuola da autodidatta, quindi … colpi nuovi e modo di giocare completamente diverso, visto che sono passata da due gomme lisce ad una puntinata lunga. Mi sono posta degli obbiettivi minimi quando ho ripreso a giocare. Iniziando davvero dal basso devo dire che ogni anno l’obiettivo si è alzato un pochino e per ora ho raggiunto quello che volevo. Ho ancora un paio di obiettivi in mente. Vedremo se sarò in grado di realizzarli. Intanto ci sto lavorando!
MARIO: Non ho mai avuto particolari obiettivi. Come ho detto, ho iniziato da autodidatta, ci si dava consigli tra compagni di squadra; quando si riusciva a vedere qualche filmato dei campioni di una volta, come Bosi o Costantini, si cercava di imitare i gesti tecnici.
SARA: L’obiettivo che mi sono posta fin da quando ho cominciato a giocare è stato quello di migliorare allenamento dopo allenamento. Sicuramente i tornei a cui tengo di più sono quelli individuali giovanili nazionali che si svolgono a Terni ma anche quelli dove ho l’opportunità di rappresentare il Trentino. Qui infatti il tennistavolo si trasforma in un gioco di squadra dove tutti devono dare il proprio contributo alla loro regione e questo crea un bel spirito di squadra. Il mio sogno sarebbe quello di riuscire a fare parte della squadra nazionale italiana.
DOMENICO: In uno sport di nicchia come il tennistavolo i miglioramenti non sono mai netti e decisi, ma lenti e graduali. Mi pongo sempre obiettivi a medio termine, come ad esempio il raggiungimento di un determinato punteggio al termine della stagione. Prima dell’inizio di ogni nuova annata scelgo un punteggio che ritengo raggiungibile in relazione al livello a cui posso arrivare a fine anno.
Dopo tanti - o pochi - anni nell’ambiente, che suggerimenti daresti al tennistavolo trentino per crescere?
MARA: Sarebbe bello portare il tennis tavolo nelle scuole come sport di prova e cercare poi degli spazi attrezzati per lasciare sperimentare i ragazzi … con delle persone disponibili a investire del tempo. Sicuramente anche qualche corso per avvicinarsi a questo sport sarebbe utile.
MARIO: L’unico consiglio che posso dare è quello di formare tecnici. Soprattutto quando giravo i centri federali per seguire mio figlio ho capito che la differenza sta nella preparazione dei tecnici.
SARA: Direi che, come in tutti gli sport, si debba continuare a investire sulla formazione dei più giovani.
DOMENICO: Non sono un esperto di marketing, ma penso che iniziative come quella promossa nel corso del Festival dello sport, in cui vengono montati tavoli da gioco in Piazza Fiera per consentire a chiunque voglia di cimentarsi con un nuovo sport, siano la mossa giusta per promuovere il tennistavolo e far sì che cresca.
Credits foto: University of Alberta Archives, UAA-1972-058-061, Students playing table tennis, October 1939