E’ il pongista trentino che nell’ultimo decennio ha frequentato con maggiore continuità e con migliori risultati la serie cadetta. Quest’anno, per la prima volta, lo fa con prospettive completamente diverse.
1. L’arrivo di Kakorin ha cambiato volto al Lavis. Si può parlare di squadra consapevolmente costruita per salire in B1? E c’è comunque una precisa strategia societaria in tal senso?
L’idea di rinforzarci è nata un paio d’anni fa, ma fino ad oggi per vari motivi non si era potuta realizzare. Adesso il sogno di competere a livelli ancor più alti si può realizzare. Di B1 a dire la verità non abbiamo mai parlato espressamente, forse per scaramanzia, ma è chiaro che il potenziale esiste. Kakorin è forse meno appariscente di Moiseev, perché ama rimanere vicino al tavolo e chiudere lo scambio con il minor numero di colpi possibile, ma quel che conta alla fine è il rendimento e per entrambi è altissimo. Per quanto riguarda la visione d’insieme, devo dire che da quando sono al Lavis (settembre 2006) ogni decisione presa, anche la meno eclatante, non è mai stata frutto di casualità ma sempre il risultato di attente valutazioni, di confronti, di pianificazioni a medio-lungo termine.
2. Scaramanzia a parte, quali possono essere – se ci sono – gli avversari in grado di contendervi il primato e la promozione?
Di sicuro l’Asola, una squadra compatta con atleti di notevole livello. Si è già visto sabato contro il S.Michele di Gusmini qual è la loro forza, un 5-1 in trasferta con parziali anche pesanti che la dicono lunga secondo me.
3. Le diverse prospettive per la squadra coincidono con la tua diversa collocazione al suo interno, non più n.2 ma n.3. Cosa cambia, nel bene e nel male?
In passato il raggiungimento o meno dei nostri obiettivi passava per la mia racchetta, quindi la pressione era realmente tanta, e costante. Adesso mi trovo invece in una posizione invidiabile, anche se contro le squadre più forti a fare la differenza potrebbero essere proprio i miei punti, o diciamo meglio il mio singolare contro il n.3 avversario. Non ho ancora ben capito se questa maggiore tranquillità sarà per me un vantaggio o meno, dobbiamo vedere. Ma in definitiva credo anche che la nostra formazione potrebbe cambiare in base a chi ci troveremo ad affrontare, e quindi n.2 o n.3 alla fine non sarà poi così diverso.
4. Intanto il 5-1 in trasferta l’avete ottenuto anche voi. Com’è andato il match?
Siamo ad inizio stagione, la preparazione sia fisica che tecnica non è certo al massimo, le prime partite si fa sempre abbastanza fatica. C’è da dire che l’età media di quelli del Camuno è attorno ai 22 anni, sono volonterosi ma per mettere in difficoltà Max e Sergey ci voleva altro. Contro di me invece tutto può succedere. Il primo singolare l’ho vinto malgrado una partenza un po’ approssimativa, l’altro l’ho perso essenzialmente per i meriti di Valcarenghi. Io però sono ricaduto in certi errori tattici che mi trascino da tempo, verso la fine del campionato scorso grazie alla pazienza di Max ero riuscito a correggerli ma dopo l’inattività estiva sono tornati a galla.
5. Tanti anni di tennistavolo ad alto livello, un lavoro impegnativo, una famiglia allargata con due bimbi ancora piccoli. E’ difficile farsi venire ancora la voglia di andare in palestra?
Questo è un argomento complesso, vediamo se riesco a sintetizzare. Dai 18 ai 28 anni mi sono dedicato interamente a questo sport trascurando tutto ilresto, lavoro escluso. Tutti i giorni in palestra, da metà agosto fino alla fine di giugno, sia per la preparazione fisica che al tavolo; i weekend passati tra campionato, tornei provinciali o nazionali e stage. Arrivi ad un certo punto che senti il bisogno di fare altro, gli interessi cambiano e la voglia di costruirti una famiglia cresce. Il processo nel mio caso è stato abbastanza rapido e sono convinto che sia dovuto anche dal fatto che mi sentivo appagato del livello raggiunto e allo stesso tempo consapevole di non poter arrivare oltre. Confesso che per me mentalmente è stato molto difficile passare, nonostante ne fossi pienamente convinto, dal livello raggiunto allo stato attuale. Ogni anno mi rendo conto del peggioramento e solo dallo scorso campionato ho imparato ad accettarlo.
Con il matrimonio e la nascita dei miei figli, Andrea (5) e Pietro (2 a dicembre), riuscire a gestire gli impegni sportivi si è ulteriormente complicato. Devo ringraziare mia moglie Lara per il supporto e la forza che riesce a trasmettermi e motivarmi nello sport, anche quando pensavo di abbandonare.
Per ora la voglia di continuare a giocare c’è anche se molto ridimensionata rispetto a qualche anno fa, in futuro vedremo... gli interessi sono tanti, il tempo a disposizione no!
(andrea galler)