Nome: Stefano
Cognome: Tomasi
Data di nascita: 22.9.1983
Luogo di nascita: Rovereto
Stato civile: celibe
Titolo di studio: terza media
Professione: giocatore di tennistavolo
Hobby e interessi: il mare e tutti gli sport, specialmente il calcio
Il piatto preferito: pasta al ragù
L’automobile dei sogni: Ferrari
Dalla non lunghissima lista di sport individuali che anche solo per pochi momenti hanno visto un trentino n.1 mancava, fra gli altri, il tennistavolo. A proposito: ricordarsi sempre di distinguere fra pingpong (il gioco, quello dei bambini al mare per intendersi) e tennistavolo (lo sport), almeno in presenza degli interessati. Se a Stefano Tomasi gli si dice “ma tu sei l’asso del pingpong!”, con tutte le migliori intenzioni di rivolgergli un complimento, è facile che quello si inquieti, come minimo. Alla fine è la stessa cosa, ma il nome cambia a seconda del livello e delle competenze. Comunque eccoci: Tomasi ha chiuso il 2010 davanti a tutti, un 2010 che sarebbe stato eccezionale anche limitandosi a considerare la conquista dei suoi primi tricolori assoluti, singolo e doppio, in giugno a Ponte di Legno. “Poi è arrivata – enumera il ventisettenne roveretano - una bella serie di risultati in serie A, dove sto al 60% di positività ma bisogna tener conto che il nostro campionato pullula di stranieri, e soprattutto la vittoria al torneo di Torino”. Qualche bel colpo era stato messo a segno anche in passato, però. “Facile ricordare i due scudetti a squadre con il Pieve Emanuele Milano, ma ancor prima c’erano stati le quattro medaglie (un argento e tre bronzi) agli eurepei giovanili, sempre in doppio, e il quinto posto con la nazionale ai mondiali di Osaka nel 2001”. Però guardare tutti i connazionali dall’alto in basso un effetto particolare deve pur farlo. Ed è un traguardo, questo, o un trampolino di lancio verso qualcosa d’altro? “Io preferisco pensare che sia una tappa di un cammino, al termine del quale... non so bene neanch’io che limite pormi. Di sicuro c’è che mi mancano le Olimpiadi, e vorrei proprio riuscire ad andarci, o a queste prossime di Londra o a quelle del 2016”. E’ dura? “Durissima. I tabelloni dei singolari sono da 64 giocatori, quindi già passare le qualificazioni è un’impresa. Almeno per me, che sono intorno al n.100 d’Europa e al n.220 del mondo”. Nel 2016 avrai 33 anni. Troppi per continuare? “Ad altissimo livello si trovano anche dei quarantenni, quindi più che il fisico conterà la testa, la voglia. Va considerato che ho cominciato a nove anni, e che sono andato via di casa che ne avevo dieci. Feci terzo in un torneo a Cecina, mi pare fossero i giochi della gioventù: comunque un tecnico mi vide e mi convinse a trasferirmi a Genova. Ecco, ogni tanto questo mi pesa, e allora forse le stagioni che mi rimangono non sono tantissime. Ma la passione è intatta, cosicché spero di restare nell’ambiente, magari come allenatore per i ragazzi”. La tua giornata-tipo. “Sveglia alle 7.30, dieci minuti di footing prima della colazione, allenamento dalle 9 alle 12, pranzo, poi di nuovo in palestra dalle 15.30 per almeno due ore. A sera rimangono poche energie per occuparsi d’altro: riesco a malapena a coltivare la passione per il calcio, partitona con gli amici ogni lunedì”. Film preferito? “Il gladiatore”. Libro? “Nessuno in particolare. Diciamo uno di sport, anzi sulla Juve”. Musica? “Il rock americano, Nirvana e Guns’n’roses su tutti”. Se non avessi giocato a ping.. pardon, a tennistavolo? “Sarei diventato forte in un altro sport, di sicuro”. Hai cominciato con le regole vecchie: palline più piccole, set ai 21 punti anziché agli 11, cinque servizi a testa anziché due. Meglio allora o meglio adesso? “Meglio allora. Hanno cambiato per esigenze televisive, per vendere il prodotto, ma sono solo riusciti a rovinarlo. Si va troppo alla svelta: non c’è tempo per ragionare, per elaborare una tattica. Fateci caso: i dieci punti più belli della storia, su youtube, risalgono tutti a quando c’erano le palline piccole e i set lunghi. Poi, vabbè, c’era anche Waldner...” E l’impugnatura a penna? “Per divertimento l’ho provata anch’io, certo. Ma ormai non la usa più quasi nessuno, anche i cinesi hanno capito che all’occidentale è più semplice”. Ora vivi a Cagliari. Perché... “Perché c’è Claudia. Giocava anche lei, ora ha smesso. E perché c’è il mare. La Sardegna è persino più bella di quanto dicono. Però non in agosto: troppo casino, lì”.