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  • 3 gennaio 2011
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  • Andrea Galler
A Velia...
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E’ un mese che Velia Ugo Piras non c’è più. Per ciò che ha fatto e che ha rappresentato per il tennistavolo trentino, e per il vuoto che ha lasciato in tutti coloro che l’hanno conosciuta, merita un ricordo particolare. Un ricordo fatto di tanti ricordi personali, un collage di esperienze, impressioni, incontri. Anche se, come ha osservato Michele Longoni, “il problema è non sapere da dove cominciare, perché Velia è Velia”, noi ci abbiamo provato lo stesso. Modesto finché si vuole, il risultato è comunque qualcosa che viene dal cuore.


Gli episodi che mi affiorano alla memoria sono due, e sono stati vissuti anche da Romano che ben se li ricorda. Il primo: avevo quindici anni, prova provinciale a Rovereto, gioco la finale con Lorando, con Velia che arbitra. Nevicava, e io avevo costretto mia madre, che era venuta a prendermi, a restare fuori dalla palestra perché se mi vedeva giocare mi agitavo. La particolarità è che la finale è iniziata.... a mezzanotte!! Giovani, genitori e arbitri d’altri tempi....
Il secondo episodio Velia me lo ricordava spesso, con ilarità. Prima riunione del comitato Fitet del 1992, io di belle speranze e fresco di laurea in legge vengo incaricato di redigere il verbale della seduta senza che nessuno mi avesse spiegato come fare. Al momento della lettura del verbale, ricordo ancora le facce di Velia e Romano quando sentono la seguente stesura: “alla riunione del... sono tutti presenti e nessuno è assente” (???). In effetti, non proprio una modalità ortodossa di compilazione.... Della cosa mi hanno sempre giustamente preso in giro, in modo particolare perchè i neolaureati in legge sono un po’ supponenti. [Luca Aldrighetti]

 

A me Velia è sempre piaciuta tanto. Un po’ perché chiamava Piras con il suo vero nome, cioè Piras, appunto. E poi perché non mi è mai sembrato che fosse veramente “il presidente”. Insomma, era Velia e bastava quello. Anzi, credo che sia stata il primo presidente di qualcosa che io abbia visto. Quindi per me, quando pensavo ad un Presidente, pensavo a Velia. E talvolta anche adesso, per me, presidente o Velia è un po’ la stessa cosa. E non ho più visto un presidente così rispettato, sempre e da tutti. Insomma si sa, con un presidente del consiglio ci si può anche sputare addosso, con Piras ci si poteva accapigliare, ma con Velia mai. Qualcosa vorrà dire. Comunque, si diceva, il mio ricordo di Velia? Beh, il ping pong innanzitutto.
Di solito aprivo la porta della palestra e già dall’ingresso scorgevo i soliti noti che si scalmanavano attorno ad un tavolo. Poi, passata l’entrata, facevo quattro passi dentro la palestra e giravo lo sguardo.
Ancora prima di girarmi, potevo fare una scommessa su cosa avrei visto: Velia seduta al tavolo degli arbitri. Ed infatti non ho mai perso una scommessa. Lei era incredibilmente sempre là, dove avrebbe dovuto essere e dove sapevi che ci sarebbe stata. Sapevo poi che per prima cosa mi avrebbe detto, con un’aria leggermente canzonatoria ma sempre seria, “ciao bravin, tutto bene?” E me lo diceva subito, in modo sonoro. Impossibile passare di nascosto, con lei. La sua voce poi mi faceva impazzire, un vero spot a favore di quella marca di sigarette che ha sempre tenuto con sè.
Ma c’è un motivo ulteriore che mi spinge a dire che come Velia non c’è nessuno. Si tratta di una cosa che risale a quando ho iniziato a giocare a ping pong. Cioè, roba di un secolo fa.
Velia fu la prima a sgamarmi con una ragazzetta, la mia prima. Niente di particolare, roba da quattordicenni. Avrebbe potuto prendermi in giro in un milione di modi diversi, invece niente: “proprio carina quella ragazzetta...”, m’ha detto. Solo questo. Cosa che mi ha colpito ancora di più. “Aahh beh, sì, forse, in effetti...” fu la mia risposta, mentre mi dileguavo in un nanosecondo, di colore indaco per la magra figura. A pensarci adesso, mi pare che sia successo ieri. Poi, con gli anni, Velia mi ha visto in compagnia di altre ragazze. Ovviamente, mi facevo avanti e gliele presentavo tutte, ma perdevo via via sicurezza man mano che passava il tempo. Lei sempre gentile, cordiale, che se fosse stato per lei avrebbero tutte iniziato a giocare a ping pong.
In un’occasione azzardò un “Ooh, bene questa! Che sia la volta buona, bravin??”, per due volte di fila che ero con la stessa, proprio così. Naturalmente, quando tempo dopo mi presentai con un’altra io ero in pieno panico da Velia. “Ah bravin, bravin...” fu l’unica cosa che mi disse, scuotendo la testa.
E poi, da quel momento,.. basta. Non rinunciavo ai giri di valzer, pregavo solo che Velia non mi vedesse. Giuro: bastava che non mi vedesse lei e del resto non mi importava. Insomma, aveva capito tutto fin dall’inizio... altro che mia madre.
Beh.. sapete com’è finita?
Trento, pochissimo tempo fa, una domenica mattina. Sono a braccetto con una ragazza, visibilmente non del tutto europea. Non c’è in giro un cane e mi sento abbastanza tranquillo, forse solo un po’ teso: penso solo che, in quel mattino così, nemmeno wikileaks mi potrebbe sgamare.
Finisco questo pensiero e, girato l’angolo, naturalmente becco Velia e Piras, anche loro a braccetto, sorridenti. Il mio primo impulso è quello di prendermi a calci, ma non posso, più per motivi di educazione che per biofisica. Allora mi faccio avanti e dico le due solite scemenze di presentazione. La ragazza fa “konnichiwa” ed io, che se già prima stavo alla canna del gas, sentendo quel suono, beh, assicuro che, in quel momento, avrei firmato per essere cremato, seduta stante. Ed è allora che si fa avanti Velia. Vedo che è stanca e fa fatica a parlare. Ma, appena inizia, sorride ancora di più del solito. Non capisco le prime parole, ma è gentile come sempre, forse come non mai. Poi, ad un tratto, fa una pausa, prende fiato, si gira a guardarmi diritto negli occhi e posso capire chiaramente che le ultime cose che mi dice sono, in un filo di voce: “... proprio carina quella ragazzetta”.
Quella è stata l’ultima volta che ho visto Velia. Una lezione di stile, unica. Lunga una vita. Non poteva lasciarmi un commiato migliore. Per tutto questo non smetterò mai di ringraziarla, così come per un addio altrettanto unico.
Non so quante cose ancora mi accadranno d’ora in poi ma... beh, credo che alle volte nella mia mente avrò ancora davanti Velia. E sono sicuro che me la immaginerò sempre lì a dirmi “ah bravin, bravin...” [Alessandro Bravin]

 

Io di Velia ricordo sempre i sorrisi, la gioia e i bacini che dava quando mi presentavo in palestra... teneva sempre il sorriso anche quando ti rimproverava... quando un bimbo cominciava a giocare era lei la prima persona di riferimento in palestra... [Luca Fuitem]

 

Purtroppo non ricordo esattamente quando ho conosciuto Velia... da un lato mi sembra di averla sempre conosciuta, forse perchè quando mi sono affacciata al mondo del tennistavolo, grazie a Francesco, lei era già “una di famiglia” per lui... Velia è stata “il” presidente, non me ne vogliano quelli che ci sono stati prima di lei e quelli che ci saranno dopo, ma lei era
davvero la miglior rappresentazione di cosa vuol dire essere un presidente... lei era un po’ la “mamma” delle SUE (come le chiamava lei) 13 società, cercava di andare sempre incontro a tutte in egual modo, pensava agli interessi di tutte quante e non ne scordava mai una... era pacata, sempre presente, sempre appossionata.
Ma soprattutto dimostrava sempre affetto sincero verso le persone, verso quei ragazzi che aveva visto crescere e che ora la superavano tutti in altezza e le volevano bene, verso quei bambini che amava vedere affollare la palestra...
Non so come e perchè si formino certi legami, pur non avendo rapporti quotidiani o molti incontri, eppure li senti profondi senza bisogno di altro.
Per me ha sempre avuto un sorriso e un abbraccio stretto, ogni volta che entravo in palestra, e per Daniele è stata come una nonna in più... peccato che non abbia conosciuto anche Andrea, avrebbe detto come per Daniele “che mani grandi che ha”... [Luisa Gardumi]

 

La signora Velia Ugo è stata una persona veramente fantastica, era sempre felice, aveva sempre il sorriso sulle labbra e riusciva ad andare d’accordo con tutti gli adulti, riusciva ad essere sempre simpatica e cordiale.

Era una persona molto disponibile con tutti: quando le chiedevamo un favore faceva tutto il possibile per soddisfare le nostre richieste.

Con i bambini invece era una di quelle persone che comunque e in ogni circostanza scherzava, sempre. E... ultima cosa ma non per questo meno importante.. sul viso di Velia non mancava mai il sorriso comunque andassero le cose, aveva sempre un gran bel sorriso stampato sul volto.

In poche parole ci mancherai molto Velia.. [Luca Michelon, anche a nome dell’A.S.D.T.T. Lavis]

 

Io sono in Trentino da 8 anni e i miei ricordi di Velia non sono proprio tanti. Posso dire che era una persona magnifica, che con il suo impegno in Fitet ha fatto molto per tutti noi, soprattutto nell’assumersi colpe e responsabilità non sue (come un vero presidente). E’ stato bello vederla contenta quando la Susy ha vinto il titolo italiano, e quando abbiamo vinto la prima coppa Transalpina. Era piacevole fare quattro chiacchiere prima di iniziare le riunioni in Comitato, fumando qualche sigaretta con lei (quando fumavo, perché ho smesso da più di un anno). [Max Moiseev]

 

“La Signora del Tennistavolo”

In quale altro modo chiamarti? Come potrò dimenticare le serate e le lunghe telefonate che hai dedicato per tanti anni a spiegare tesseramenti e regolamenti, consigliandomi su come proseguire e crescere nell’attività del circolo sportivo a cui appartengo? Come potrò dimenticare il tuo “porca paletta” quando vedevi qualcosa di storto e cercavi soluzioni? Come potrò dimenticare la tua felicità quando vedevi tanti e nuovi atleti ai tornei giovanili? Come posso dimenticare il tuo entusiasmo verso il nostro sport? Se ho imparato ad amarlo è stato anche per merito tuo. Grazie. [Enrico Panizza]

 

Tranquilla, disponibile, sorridente, una persona buona. Alla “Vela” era un po’ come essere suoi ospiti, e la palestra assumeva ruolo di casa. Si faceva voler bene, soprattutto dai ragazzi, il mio compreso. Anche per questo il suo bel ricordo, in me, sarà accompagnato da un senso di gratitudine. [Giorgio Paoli]

 

 

Un ricordo di Velia che ancora oggi mi fa piacere raccontare è il seguente.

Anno 2005 circa. Non mi ero mai recato presso la sede della Fitet in Piazza Fiera. Solitamente con Velia ci si accordava telefonicamente e poi si spedivano gli eventuali documenti da vidimare, o si inviavano le ricevute da esibire via posta o via fax. Fatto sta che di là non ci ero mai passato. Un bel giorno, essendo giunto il momento di saldare alcune vecchie pendenze rimaste in sospeso da parecchio tempo, presi coraggio e chiamai Velia. Mi disse di venire ad una certa ora di un certo giorno (mi pare il martedì, una delle giornate in cui lei lavorava ininterrottamente in Fitet per tutti noi). Entrai nel portone vetrato a piano terra... e per un momento ebbi l’intenzione di andare diritto e di entrare al Pedavena per una birretta. Ma poi mi feci forza e salii le scale. Già immaginavo una severa ramanzina, peraltro ben meritata...

Giunto al piano, bussai e mi venne incontro Velia, con un foulard viola e verde (lo ricordo ancora...), gli occhiali inforcati e una penna in mano. Aveva un’aria severa, rigorosa. Mi fece accomodare e nell’ufficio ebbi modo di vedere i pacchi di carte, i moduli e le teche giacenti sulla scrivania. Mi disse che stava lavorando ad una scadenza importante. Le spiegai che non le avrei portato via del tempo, ma lei, raggiante per la mia visita, mi disse semplicemente questo: “caro Pinalli, adesso facciamo i conti e poi, se ha 10 minuti, le spiego alcune cose”. I conti furono presto fatti. La posizione regolarizzata. E venne il momento di spiegare le cose (già lì mi aspettavo una bella ramanzina, a causa dei miei ritardi...). Invece Velia si alzò, semplicemente, e con una classe rara da trovare mi disse: “Adesso le faccio vedere la mia Fitet”. Disse proprio così: mia. E in effetti ora, con il senno di poi, capisco il senso, titanico, di quella affermazione. La Fitet era stata fatta da lei. Con il suo sudore, la sua forza, i suoi dispiaceri, ma anche con i suoi successi, le sue soddisfazioni, le sue discussioni. Senza ovviamente nulla togliere a tutti coloro che hanno lavorato e lavorano tuttora per il bene comune, Velia era un po’ il faro, la guida che indicava e coordinava il lavoro di tutti gli altri.

E in effetti ora che non c’è più, con tutto il rispetto per tutti coloro che hanno sempre lavorato e sempre lavoreranno in Fitet, immaginare la Fitet di Trento senza Velia non è possibile. Non ce la faccio.

Quel giorno Velia mi fece fare il tour completo della sede, compresa la sala riunioni e persino i bagni! Un giro piacevole. Voleva che vedessi il posto, lo sentissi un po’ mio, andassi a trovarla ogni tanto. Cosa che puntualmente feci, negli anni a venire.

Moltissime altre volte passai di lì. Per i referti, per portare delle carte, semplicemente per fare un saluto al volo. E lei era sempre lì, disponibile, precisa, a volte anche severa e decisa, ma sempre inappuntabile. Tante volte le chiesi aiuto per sistemare qualcosa, per chiederle informazioni. Lei c’era sempre, instancabile. A volte mi telefonava sul cellulare per ricordarmi qualche scadenza o per chiedermi qualcosa. Spesso non rispondevo subito ma la richiamavo poco dopo. E lei mi ringraziava per averla richiamata!

Cara Velia, ora che non sei più tra noi mi rendo conto di quanto preziosa tu fossi come dirigente e come persona. Non ti dimenticherò. Non ti dimenticheremo. La tua Fitet continuerà a lavorare negli anni a venire, altre persone entreranno, altre usciranno, ma ricorderemo sempre quanto tu hai fatto, in silenzio, per tutti.

Qualche anno fa si andò alla premiazione dei giovani talenti al palazzetto della Vela. Essendo prossimi al Natale, Velia oltre alle coppe aveva portato anche i panettoni, da regalare ai ragazzi. Senonché i giovani convocati, vuoi per l’impossibilità di raggiungere il capoluogo, vuoi per problemi personali, erano pochini... e dunque parecchi panettoni giacevano sul tavolo, privi di proprietario. Verso la fine della riunione, quando tutti o quasi se ne erano andati, feci gli auguri a Velia, la quale mi guardò e mi disse. “Auguri caro Pinalli, anzi faccia una cosa: dato che la sua società non ha giovani, prenda su questi panettoni e li regali a qualche ragazzo, così forse è la volta buona che trova qualche atleta nuovo da portare in palestra.” Detto, fatto. Partii con il bagagliaio pieno. Ovviamente di giovani nemeno l’ombra, cosìcchè i panettoni furono divorati (non senza piacere..) da noi adulti, nei giorni a venire. Qualche settimana dopo lo dissi a Velia, la quale, dopo avermi squadrato di sotto alle sopracciglia folte, mi disse: “Tanto lo sapevo. Ma almeno non se li è mangiati il Piras!” Tutto finì in una sonora risata.

Ancora. Un giorno passai in Fitet ma la trovai chiusa. Non c’era nessuno. Decisi quindi di fare un tentativo e chiamare telefonicamente Velia. Dovevo ritirare dei referti, credo, dato che si giocava il sabato successivo ed io non ne avevo più. Mi rispose dicendomi che era malata. Ma mi disse di passare a casa sua a prenderli. Dissi di no, categoricamente. Se era malata non l’avrei disturbata per una cosa del genere. Avrei chiesto a qualche squadra di prestarmene un paio e tutto si sarebbe aggiustato così. Lei non la prese bene. “Se lei è qui in piazza Fiera, in 5 minuti è da me e le do i referti!” “Assolutamente no - risposi io- anzi mi scuso se l’ho disturbata, Velia. Si rimetta presto, la saluto e scusi ancora”. Inutile dire che dopo nemmeno un minuto mi richiamò lei e mi disse, in tono perentorio, di andare subito a casa sua A-PRENDERE-I-REFERTI-FINE-DELLA-STORIA!

Quel sabato le partite ebbero i loro bravi referti su cui vennero scritti i risultati..

“...Vola libero e felice,

al di là dei compleanni,

in un tempo senza fine,

nel persempre.

Di tanto in tanto noi c’incontreremo...

Nel bel mezzo di una festa

che non può mai finire...” (Illusioni, di Richard Bach).

Ciao, Velia. [Carlo Alberto Pinalli, anche a nome dell’ U.S.D. San Giuseppe]

 

Ogni nostro incontro era sempre un abbraccio e un bacio. Sempre, per trentatre anni.

La conoscevo dal 1977, io ero un bocia e lei una bella donna vivace, svitata ed esuberante, il contrario e l’opposto del Piras, preciso, controllato e un po’ introverso. Che coppia superba, sempre unita e sempre forte di fronte a tante situazioni difficili della vita che il destino le ha posto. Chissà perché la Velia ha dato così tanto al ping pong, solo perché c’era il Piras? Non credo. E’ sempre stata in prima linea e non dietro o di spalla. E’ stata una colonna portante del nostro sport. E’ stata una nostra rappresentante del tennistavolo a livello provinciale e nazionale. Ha guidato e istruito i nostri giudici arbitri come Fiduciaria Arbitro Regionale. Quante volte, per venticinque anni, l’ho vista sabati e domeniche mattine, umile lavoratrice dietro un tavolo a preparare tabelloni, referti per un torneo o, anche se non era suo compito, portar tavoli, sedie, tavolini, da una sala all’altra. Quante giornate ha passato in Federazione per tutti, indistintamente, da vera Presidente. Stanca ma sempre fresca, sempre con il sorriso sulle labbra, sempre disponibile, sempre umilmente caparbia nella ricerca di una dimensione di umanità e amicizia nella pratica di uno sport apparentemente semplice ma che invece, per essere praticato, deve essere organizzato alla perfezione per far sì che tutto fili liscio come l’olio. E lei ci metteva il cuore. Sempre! Ed è quando va tutto bene, come se tutto fosse ovvio, che non ci si accorge del grande lavoro che c’è dietro. Non solo, anche la sua casa era sempre aperta per noi. Quante domeniche a Ronzone, quante mangiate, noi eravamo i suoi ragazzi. Tutti quanti, e a tutti voleva bene allo stesso modo. Cara Velia, esistono addii che non saranno mai tali. E tutto quello che ci hai dato a mani aperte lo teniamo stretto nel nostro cuore.

Alle mie piccoline, Francesca e Angela, sto ultimamente leggendo il Piccolo Principe e, cara Velia, mi sei venuta in mente in una frase della volpe che diceva al piccolo Principe “l’essenziale è invisibile agli occhi, (...) è il tempo che tu hai perduto per la tua rosa che ha fatto la rosa così importante”. Niente di più vero in te. Il tempo che hai perduto per il pingpong ha reso per noi il pingpong possibile e fattibile. Invisibile quanto essenziale ed indispensabile il tuo operato.

Nell’ultimo decennio spesso Velia, con un fare misto di dolcezza e fermezza, mi diceva: “Botte, riusciremo a fare la casa del tennis tavolo? Un locale dove poter mettere 4-5 tavoli fissi? Per tutti, grandi e piccini?”. Questo voleva la Velia, la ciasa (me lo chiedeva in ladino) del tennistavolo. Per circa 10 anni abbiamo cercato in qualsiasi modo di trovare un locale nel quale lasciare posizionati almeno 4-5 tavoli, e alla fine ci siamo riusciti. Dal suo sguardo e dalla sua passione capivo l’importanza di questo traguardo. Era come la necessità di lasciare una traccia del suo lavoro, del suo mandato di presidente della Fitet. Mi adopererò perche la sala tennistavolo della Vela venga intitolata a suo nome. [Pierpaolo Botteon]

 

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